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Il momento per guardare lontano

 

Ancora una volta il destino dei mercati finanziari sarà determinato dal quello che succederà negli Stati Uniti, sia dal punto di vista monetario che fiscale, ma soprattutto dall’evoluzione dei contagi dovuti al Coronavirus. Come sempre succede nei momenti di difficoltà, l’economia più grande e dinamica al mondo si dimostra all’altezza della situazione, varando un piano fiscale imponente e delle misure di politica monetaria altrettanto importanti. Obiettivo delle manovre è sostenere i redditi in una fase di blocco pressoché totale dell’attività economica e di mantenere liquidità nei mercati finanziari per evitare che ci possa essere una serie importante di fallimenti. Dall’altra parte dell’Atlantico, tra rinvii e decisioni non prese, si sta ancora discutendo sul da farsi ed intanto ogni governo vara misure economiche e fiscali in ordine sparso; l’Europa aveva un’occasione di dimostrare di esistere e l’ha mancata clamorosamente. Unico punto di riferimento in Europa rimane la BCE, non esente da critiche nella fase post-Draghi. Ecco che allora bisognerà rivolgere lo sguardo agli Stati Uniti: determinante per l’andamento dei mercati finanziari, sarà capire quando l’attività economica riuscirà a tornare verso una qualche forma di normalità (gli investitori detestano l’incertezza che causa a sua volta eccessiva volatilità); questo potrà avvenire con il rallentamento dei contagi negli Stati Uniti (forse ancora prematuro).

 

 

La velocità con cui si potrà tornare ad un’attività economica “normale”, anche se per gradi, determinerà la gravità della recessione globale. Anche se il rallentamento risulterà temporaneo, il suo impatto sarà tanto più importante, quanto più a singhiozzo sarà la normalizzazione; questo effetto lo si può vedere nell’incertezza delle stime sulla gravità della recessione, che in alcuni casi potrebbe risultare peggiore di quella del 2008, ma con effetti temporanei e non duraturi come nella Grande Crisi Finanziaria (GFC).

 

 

L’andamento recente dei dati provenienti dalla Cina (Manufacturing e Non-Manufacturing PMI) fa intravedere che c’è una luce alla fine del tunnel, anche se la ripresa potrebbe essere più graduale di quello che ci si attendeva solamente qualche settimana fa. Un dato di 52 del PMI indica una ripresa graduale; avremmo invece preferito vedere un numero al di sopra di 60.

 

 

La correzione sui mercati azionari è stata violenta, sia dal punto di vista dell’entità che della rapidità, tanto da renderla paragonabile alle due avvenute nel 1929 e nel 1987.

 

 

Quella attuale, a nostro avviso, è più simile a quella del 1987 poiché, anche questa volta come nell’87, non ci sono degli squilibri finanziari importanti, come ad esempio un eccesso di creazione di Credito (dalla fine della GFC), che possano pregiudicare la crescita economica dei prossimi anni. Guardando al grafico sottostante, in cui si vede il multiplo dell’indice americano, si potrebbe pensare che la correzione non abbia raggiunto livelli tali da giustificare l’acquisto, ma un’analisi della dispersione delle valutazioni fornisce un messaggio differente.

 

 

Il grafico sottostante mostra la differenza di valutazione tra i titoli più cari (il 20-imo percentile) e la media dei titoli dell’universo a grande capitalizzazione. Abbiamo raggiunto un picco di stress simile a quello raggiunto in altri momenti di crisi paragonabile a quello attuale. Il messaggio che si può estrapolare da questa statistica è che, per chi ha la pazienza di cercare, si possono trovare delle grandi opportunità di acquisto per costruire un portafoglio per la prossima fase del rialzo, che nonostante la volatilità, arriverà in un futuro non troppo lontano.